25 giugno 2010

Un ospedale per vivere 120 anni?


L’articolo apparso su L’Arena nei giorni scorsi in merito al progettato ospedale di don Verzè, a Lavagno, per farne un centro di ricerca per la longevità, mi offre l’occasione per esprimere tutta la mia indignazione in merito a tale progetto. Soprattutto perché è pensato da un uomo di chiesa.
“Il nostro obiettivo è portare l’età media dell’uomo a 120 anni…– dichiara don Verzè - Perché l’uomo è immagine di Dio confermato dall’incarnazione del Verbo”. Qual è l’idea? Inserire un microchip sottopelle per tenere la persona sotto costante controllo medico, avvisarla immediatamente in caso di anomalia e quindi curarla adeguatamente.
Mi domando: quanti, degli oltre 6 miliardi di uomini viventi sulla terra, potranno beneficiare di questo progetto? Ritengo che gli svariati milioni di euro, necessari per soddisfare il delirio di onnipotenza di pochi, potrebbero essere meglio impiegati per aumentare fino a 60 anni, la speranza di vita di un paio di miliardi di persone, pure loro immagine di Dio, ora condannate a morire a 40/45 anni.
E ancora, quante persone, tra i baraccati di Nairobi, tra gli indios in Amazzonia o tra gli aborigeni dell’Australia potrebbero vivere con quanto consumerà un paziente del “Quo vadis” (l’ospedale di don Verzè), nei suoi ulteriori 30 anni di vita che vanno dai 90 ai 120 anni?
Che questa idea di allungare la vita a pochi delle società opulente, con enorme dispendio di risorse, sia venuta ad una persona di chiesa, la trovo scandalosa. E più grave ancora è che nessuno della gerarchia ecclesiastica abbia espresso pubblicamente riserve morali su questo progetto.
Per ultimo, ritengo indecente, che per fare strade di collegamento al futuro ospedale per il capriccio di pochi privati, si impegnino 12 milioni di euro di denaro pubblico.

Verona 19 giugno 2010

Filippi Giovanni
mail: gio.nata@tiscalinet.it

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