7 marzo 2010

DISABILITA'

L'Arena
IL GIORNALE DI VERONA

Martedì 02 Marzo 2010
CRONACA Pagina 12


I PROBLEMI DELL’ISTRUZIONE. Il sostegno a scuola è stato delegato in molti casi dalle Ulss ad alcune cooperative

«Bimbi disabili, gli assistenti
sono pochi e mal preparati»

Il Tribunale del malato: «Un’ora di assistenza costa alla comunità 19 euro, ma all’operatore ne restano soltanto 7,50 lordi»

Un bimbo disabile che viene preso in giro e maltrattato dai compagni. Down che vengono derisi, insultati e sbeffeggiati su internet. Ma l’emarginazione delle persone diversamente abili, soprattutto se bambini, passa attraverso molti altri canali che non suscitano scalpore. Ma non per questo, agli occhi di è costretto a viverli quotidianamente, appaiono meno gravi.
Ne sono la riprova le testimonianze di alcune mamme di bimbi disabili gravi che raccontano la propria odissea e quella vissuta dai loro figli nelle scuole: dalle materne alle elementari, alle medie. Molte infrastrutture hanno ancora molte barriere architettoniche. Ma il problema principale, secondo i genitori, riguarda il personale che segue i loro figli, gli operatori in particolare, che non sempre sarebbe specializzato e preparato ad affrontare il compito di stare vicino a questi bimbi particolari. Per ogni disabile grave, ad esempio, a scuola dovrebbe esserci un operatore qualificato. E il rapporto previsto è di uno ad uno. Ed invece, raccontano i genitori, «ogni operatore ha due bambini e mezzo da seguire, se pur non in contemporanea, secondo un orario frammentario, spesso diviso con l’assistenza domicil iare agli anziani».
Inoltre, in caso di malattia dell’operatore, quasi mai verrebbe garantita la supplenza. Con il risultato che a quella mancanza deve far fronte la scuola, se possibile, o i genitori stessi: seguendo il loro figlio a scuola per tutte le ore di lezione. Oppure, più semplicemente, tenendolo a casa. «Sempre più spesso, gli operatori sono persone che lavorano per le aziende sanitarie locali attraverso delle cooperative di lavoro. E sono poche le persone motivate, considerato anche lo stipendio esiguo. E solo in parte hanno seguito corsi di formazione specifici per questo particolare lavoro. Mio figlio, per un certo periodo, ha avuto come operatore addirittura un ex malato psichiatrico. Sono la prima ad essere favorevole all’integrazione, a dare a tutti una seconda opportunità. Semplicemente, però, non credo che sia questo il settore per sperimentarla. Non sulla pelle del mio bambino», racconta Erika Hinch, mamma di Niccolò, 10 anni, giovane con problemi neurologici, motori e comportamentali.
E che per garantire al Niccolò un’istruzione adeguata è stata costretta a ritirarlo dalla scuola pubblica che frequentava e ad iscriverlo «tra mille sacrifici economici», a un istituto privato specializzato per persone disabili . «Le Ulss hanno delegato alle cooperative di lavoro, un compito tanto delicato. Ma senza fornire ai propri lavoratori la giusta formazione, indispensabile per poter anche solo pensare di assistere questi bimbi. Inoltre i lavoratori delle cooperative sono pagati molto poco: un’ora di assistenza costa alla comunità 19 euro. Ma all’operatore non ne vanno che 7,50 lordi», spiega Flavio Magarini del Tribunale del Malato.
«Il turn-over degli operatori, inoltre è altissimo. Appena le persone che lavorano per la cooperativa trovano un impiego migliore se ne vanno. E questo è un altro problema. I bimbi come i nostri non riescono a spiegarsi, occorre tempo, pazienza e molta capacità d’ascolto per poter entrare in sintonia con loro e riuscire a capirne le esigenze», aggiunge Alessandra Corradi, mamma di un bimbo di 4 anni e mezzi affetto da una tetra paresi e non vedente, e portavoce a Verona del forum nazionale «Genitori tosti in tutti i posti», uno spazio virtuale in internet in cui questi genitori si possono incontrare, confrontare e documentare per cercare di garantire ai propri figli i diritti minimi.

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