23 luglio 2010

Il settimanale Carta parla del traforo...

Flavio Tosi ha una spina nel fianco lunga sette chilometri, dei quali due in galleria a doppia canna, con due ponti sul parco naturale dell'Adige e l'aggiunta di opere complementari come un autoparco con annesso motel per 67mila metri quadri, il tutto a due chilometri in linea d'aria dall'Arena e dal salotto buono di piazza Bra. Il sindaco leghista di Verona, il più amato dagli italiani secondo un sondaggio del gennaio scorso, ha puntato molto del suo capitale di consenso sulla nuova tangenziale nord.

Detta anche Traforo delle Torricelle, dal nome della collina che verrebbe perforata, fra i lembi di campagna, gli orti e le pievi alla periferia nord della città scaligera. Ha puntato così tanto che la giocata rischia di trasformarsi in un grande bluff, anche grazie ai comitati contrari alla «terza autostrada in città» [le altre due sono la Serenissima e l'Autobrennero, rispettivamente 97 e 100 milioni di veicoli l'anno] che stanno conducendo una battaglia sul nervo scoperto di tutta la vicenda: la mancanza di democrazia. E che dopo una trafila di ricorsi sono riusciti a strappare un referendum sul Traforo, per il quale hanno già raccolto più delle 7500 firme necessarie.

«Nel 2009 il comitato contro il collegamento autostradale delle Torricelle ha promosso un referendum contro l'opera in quanto tale. Il comune ha assunto un atteggiamento ostruzionistico sfruttando ogni cavillo, respingendo il quesito» racconta l'avvocato Luciano Butti, dell'associazione Cittadini per il referendum. «La nostra associazione è intervenuta in un secondo momento, ed è presieduta dall'avvocato Carlo Trentini, già presidente dell'Ordine degli avvocati di Verona.

Dei cinque quesiti presentati, dopo quattro ricorsi in Tribunale, uno è stato ammesso: chiede la creazione di una commissione di alto profilo che valuti gli aspetti ambientali e sanitari dell'opera». Le firme sono state raccolte, il comune nel frattempo ha creato una commissione di quel tipo e pretende di evitare il referendum.

La battaglia legale continua ma la sensazione è che si sia rotto un muro di consenso unanime alla ben oliata macchina di potere del Carroccio veronese. Anche perché a scendere in campo sono ora pezzi della Verona «bene». Hanno firmato anche Giulio Schinaia, procuratore della Repubblica inviso all'estrema destra, e persino Massimo Giorgetti, ras locale di An. Perché il Traforo è diventato una delle poste in palio nella lotta neanche tanto sotterranea fra Lega e Pdl veronesi, che si contendono in questi mesi il controllo delle società Serenissima e Autobrennero.

«La cosa straordinaria di questa vicenda è che anziché raffreddarsi progressivamente l'interesse della popolazione, nell'ultimo anno e mezzo si è allargata la protesta a settori importanti della città – continua Butti - Oggi l'associazione per il referendum comprende professori universitari, primari, avvocati, urbanisti. Non è più 'solo' un comitato e non siamo qui per dire solo No: vogliamo porre al centro la questione della democrazia, della discussione sempre negata dalla giunta comunale».

Il sistema che dovrebbe portare alla nuova Grande Opera - che costerà 382 milioni di euro, anche se ad ogni passaggio i costi lievitano un po' – è quello del project financing, la finanza a progetto sperimentata a piene mani nel decennio di Galan alla regione Veneto: il privato propone un progetto, investe gran parte dei soldi e in cambio ottiene la gestione dei pedaggi. Una cordata di aziende veronesi, capeggiata dalla Technital, è stata scelta come soggetto promotore: ha visto riconosciuti 5,06 milioni di euro per la progettazione [ne avevano inizialmente richiesti 4,3] mentre la giunta preme per arrivare in questi giorni all'approvazione della necessaria variante urbanistica e del progetto preliminare. L'amore di Tosi per la Technital lo ha portato lo scorso anno a minacciare la crisi di giunta – di fronte ai dubbi degli ex An – nel caso non fosse stata confermata la preferenza per la ditta, vincitrice poi della gara per il progetto preliminare [dove il progetto di una ditta concorrente, che prevedeva un minore impatto ambientale, si è visto assegnare uno «0» in fatto di sicurezza].

«La bozza di convenzione che il comune ha approvato scarica sull'amministrazione pubblica, per i prossimi 50 anni, sorprese, difficoltà ed incidenti inerenti l'opera, a nostro avviso ben oltre quanto è consentito dalla legge: se i flussi di traffico saranno minori del previsto, ad esempio, il comune dovrà dare compensazioni alla ditta, eliminando così il rischio d'impresa» spiega Butti, fra i promotori di un ricorso al Tar ancora pendente su questo aspetto. «I pedaggi costeranno 1.15 euro a tratta, tutto questo per evitare una strettoia nel traffico del centro storico. Ma dubito che gli automobilisti faranno il triplo dei chilometri pagando anche un pedaggio per poi dover tornare indietro per lunghi tratti, visto che gli svincoli previsti sono ovviamente limitati» aggiunge l'avvocato. Intanto intorno all'autostrada sorgeranno fast food, alberghi per camionisti, residence, distributori, gestiti dalla cordata capeggiata da Technital.

Fra gli azionisti che controllano Technital c'è la Mazzi Impresa Generale Costruzioni Spa: l'azienda veronese ha finanziato legalmente con diecimila euro la campagna elettorale di Tosi e partecipa ai lavori per l'autostrada Valdastico Sud, lavori affidati senza gara perché l'azienda fa parte, con il 30 per cento, della Serenissima costruzioni, controllata dalla stessa Autostrada Serenissima.

I lavori della Valdastico sud sono stati funestati dal sequestro da parte dei magistrati antimafia di Caltanissetta, di due lotti dell'autostrada nell'ambito dell'inchiesta sul cemento depotenziato utilizzato dalla Calcestruzzi Spa. La Mazzi la ritroviamo nell'affare del Ponte sullo Stretto insieme alla Technital la quale è presente nei più contestati lavori pubblici: dal ponte sullo stretto di Messina allo scavo del tunnel per la Tav Milano - Bologna, dal Mose all'autostrada Palermo - Messina, che detiene il record in Italia per la durata infinita del cantiere e per le numerose inchieste giudiziarie che ne hanno punteggiato i lavori, come come denuncia il giornalista Antonio Mazzeo nella sua inchiesta su www.terrelibere.it.

Ciliegina sulla torta: la Mazzi è una delle poche aziende non abruzzesi ad aver ottenuto appalti per i ricchi lavori di puntellamento e ricostruzione del patrimonio edilizio de L'Aquila dopo il terremoto del 6 aprile 2009. Fra questi, ci sono i puntellamenti di quattro palazzine della Banca d'Italia e la ricostruzione del complesso immobiliare Nuovo Habitat.

Giulio Todescan

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