5 marzo 2009

Vogliono abitare «in una città in cui ci sia rispetto innanzitutto per la democrazia e per la vita delle persone». Sono gli esponenti di «Verona città aperta» e hanno organizzato una serie di incontri per «fare rinascere una Verona dell’accoglienza, della tolleranza, della disponibilità, del rispetto». C’è anche un manifesto cui si può aderire per entrare nel comitato, all’indirizzo veronacittaaperta@hotmail.it, già con centinaia di firme. Lunedì sera, nell’aula magna dell’istituto Galileo Ferraris, Massimo Valpiana del Movimento nonviolento ha parlato di teoria e pratica della disobbedienza civile. «Ci sono leggi e ordinanze amministrative che non ci piacciono», ha detto Valpiana, intervistato dal giornalista Giuseppe Muraro. Ma una campagna di disobbedienza civile non si improvvisa: «Per ottenere un risultato occorre un metodo». E il metodo è quello nonviolento di Gandhi. «La nonviolenza», precisa Valpiana, «oltre che essere una buona idea è un metodo preciso che tiene conto dell’obiettivo che si vuole raggiungere». La prima regola è l’esempio: «Se non puoi fare il bene, astieniti dal fare del male». Poi si passa all’accettazione della pena e alla consapevolezza di non essere infallibili. Citando gli scritti di Gandhi, il leader del movimento nonviolento ha tratteggiato una possibile strategia di contrasto (pacifico s’intende) a una «Verona che perde di vista la vera legalità garantendo i forti e criminalizzando i deboli». Dice Valpiana: «Le idee condivise di promozione della democrazia e del rispetto della persona devono diventare cultura maggioritaria. Le idee che vanno trasmesse non sono quelle della paura e diffidenza ma quelle vere che parlano di reati in calo, clandestini in diminuzione e storie positive con molto da insegnare».S.B. (L'Arena 4 marzo 2008)